2016 tappa 6 – giovedì 26 maggio – Ostiglia – Ferrara

intervista a clara:

 

Dice una delle nostre reMIVEri

Finalmente è arrivata, la mia prima giornata da “RemoVero”, tanto attesa, durante l’organizzazione della nostra grande impresa.
Ieri sera mi sentivo un bambino alla sua prima gita scolastica, oggi in barca un leone a caccia delle sue prede.
Quante emozioni, che paesaggi incredibili, il Po sembra un fiume surreale, silenzioso, deserto quasi capace di fermare lo scorrere del tempo.
Dopo le prime ore un caldo torrido ci ha tolto un po’ di forza e la difficoltà a trovare l’ombra ha un po’ demoralizzato il gruppo.
Ma dopo la pausa pranzo abbiamo ritrovato energia e forza per affrontare con entusiasmo il pezzo mancante fino a Ferrara.
Che dire credo che remare con i reMIVEri mi lascerà un segno indelebile.
E davvero un’ esperienza UNICA!!
Grazie

Bettina

 

Tappa 6, da Ostiglia a Ferrara, abbiamo lasciato il Po e siamo entrati nel canale Boicelli che porta a Ferrara attraverso la conca Pontelagoscuro. Accolti dal CUS di Ferrara siamo sbarcati stanchissimi per il grande caldo. Tutti bravissimi, anche le nuove arrivate che ci hanno aiutato a raggiungere la meta!

Daniela

Un po’ di foto:

2016, tappa 5, la via dei longobardi, mercoledì 25 maggio, Casalmaggiore – Ostiglia

GIORNO 5 Casalmaggiore a Ostiglia 87 km di voga sotto un bellissimo sole, le mani fanno male ma noi siamo felici.

Alcuni reMIVEri per un giorno ci dicono:

⁠⁠⁠Finalmente il giorno è arrivato. Siamo partiti da Casalmaggiore alle 08:40 per arrivare ad Ostiglia alle 18:30. Lo scenario che ha accompagnato questa lunga tappa è stato fantastico. Il fiume così mutevole eppure costante, le sponde con scenari incredibili; gli argini, i filari di pioppi, le anse con spiagge bellissime e le isole di sabbia. Posti ideali per le soste necessarie per rifocillarsi. Ma veramente incredibile l’equipaggio. I reMI VEri… Non solo chi ha condiviso la barca con me, ma tutti quelli che hanno reso possibile questa avventura. È stata un’esperienza fantastica, ha dato vita a un sogno. Al rientro mi sono sentito appagato. Ma non è vero……
Gia mi manca, ne voglio ancora.

Daniele

 

Quando Luca “#Meninred” mi ha approcciato nello spogliatoio della Canottieri San Cristoforo chiedendomi se avessi voluto partecipare ad una tappa dell’edizione 2016 di reMIVEri ho avuto immediatamente una bella botta di emozioni diverse. La prima è stata di grande orgoglio perché ho pensato immodestamente che l’avesse chiesto a me perché ero simpaticissimo ed un provetto rematore….subito dopo mi sono reso conto che ovviamente non era così: probabilmente era semplicemente disperato ed ha chiesto al primo che passava di li…..o forse no…. La seconda botta è stata di timore: cosa ci facevo io, neofita rematore, attempato ex pessimo atleta, con una preparazione al di sotto del livello del mare e con un allenamento approssimativo , con quegli eroici argonauti di acqua dolce, in missione per conto della loro passione smisurata? Sarei stato all’altezza del compito oppure mi sarei rivelato un’insopportabile zavorra per gli altri rematori?
Alla fine, quando mi è stato detto che la tappa alla quale avrei dovuto partecipare sarebbe stata quella da Casalmaggiore (CR) ad Ostiglia (MN) ho accettato senza remore: sarei passato in mezzo alle mie radici, nei luoghi dove ha avuto origine la mia famiglia paterna (sono pronipote di generazioni di orgogliosi mugnai, un mulino sulle rive del Po era la loro casa).  I luoghi dove tante volte mi è capitato di festeggiare i compleanni insieme a mia nonna, vissuta li fino a 102 anni, che cadevano in giorni adiacenti nei bollenti e afosi mesi di Luglio, passati con lei che si circondava della numerosa famiglia allargata creata dai suoi 10 figli. Considerando poi che mio padre, nato in quelle terre nel 1930, è morto circa 3 anni fa ha fatto si che l’occasione assumesse i contorni di un vero e proprio pellegrinaggio ateo per il sottoscritto.
Quindi eccomi pronto al cimento la mattina di un mercoledì da leoni verso la fine del mese dei fiori. La barca, il sole a picco sulla testa, le mani che via via diventano sempre più dure tanto che stringere il remo diventa sempre più difficile, l’acqua che si muove piano scendendo verso l’accogliente mare, la luce brillante, il silenzio e la solitudine, rendono il tempo una bolla dilatata dove un’ora mi sembrava un giorno….o forse ero solo io che vivevo emozioni molto forti e quindi ero semplicemente stordito. E’ stata una giornata bellissima, di condivisone di sudore e di pensieri, di piccole gioie, come un panino prosciutto e maionese mangiato sulla spiaggia in riva al fiume dove giocavo da bambino, o come la vista degli argini nascosti da fitti boschi di alberi che sembrano disegnati da bimbi felici.
10 ore di viaggio galleggiando sull’acqua, seduto su uno scomodissimo seggiolino in una sorta di vasca da bagno che devi comunque spostare facendo fatica, sudandoti ogni metro percorso sopra Sua Maestà il Po, di cui senti l’enormità e la magnificenza sotto le chiappe doloranti, che potrebbe anche ucciderti se solo lo volesse…. Non posso dire che sia stata facile per me, ma probabilmente le mie motivazioni superavano gli ostacoli e le crisi (che ci sono state, oh se ci sono state…); quindi si, ce l’ho fatta: li ho remati proprio tutti quegli 86 chilometri! Ed ora mi sento in pace col cosmo, mi sento forte ed invincibile, sento il sangue scorrere come un torrente in piena nelle mie vene ed ho muscoli e fibre carichi a mille, mi sento vivo come non lo ero da tempo. Banale? Eccessivo? Può darsi, ma io mi sento veramente così oggi….ed è grazie a ciò che ho vissuto ieri, in barca sul Grande Fiume.
Per questo devo ringraziarli tutti questi ragazzi, Luca “#Meninred” per aver avuto l’incoscienza di invitarmi, Guido “El subcomandante” per la tenacia con cui da vero sandinista del remo mi ha sottoposto ad un imperdibile personal training per tutto il santo giorno (grazie!!!!), Giacomo “Pierrot” (questo soprannome non gliel’ho dato io….) puscher personale di maltodestrine e di integratori dei quali ho fatto un uso smodato (assumeteli con parsimonia: danno assuefazione, credetemi!), Daniele “Don Quijote” compagno di viaggio e di ventura (io Sancho Panza ovviamente…), Massimo “Lama di rasoio” per le dritte che hanno reso più confortevole la mia avventura, e tutti gli altri che mi hanno accolto con un atteggiamento che mi ha fatto sentire uno di loro fin dal primo momento, pur sapendo che per esperienza e preparazione non potevo esserlo: Clara “Caldo sorriso”, Daniela “La maliarda”, Arianna “Tartaruga ninja”, Antonio “Truck driver”,  Giovanni “Il nobile asceta”, Nicola “Soul doctor” e coloro che hanno reso possibile questo ardimentoso cimento, primo fra tutti Sergio “The president”.
Non credo di poter essere tacciato di eccessiva retorica nell’affermare che questi ragazzi sono degli autentici eroi contemporanei, anche per il solo fatto di aver pensato di organizzare una cosa come la reMIVEri per due anni di fila…. perché io la sera sono ripartito per Milano, affaticato ed acciaccato, mentre loro sono ripartiti la mattina dopo, col personale bagaglio di umanità, con la voglia di apprezzare il silenzio ed i casini del viaggio, con la bruciante passione che li guida come una luminosa cometa  verso Ravenna… Cos’è questa se non una vera Impresa (con la I maiuscola)?!? Chi li costringe a farsi venire vesciche sulle mani e mal di schiena per un’intera settimana? Credo sia unicamente la voglia di immergersi in ritmi naturali che non sono più i nostri, credo sia la necessità di sfidare se stessi ed i propri limiti, credo sia il desiderio di donarsi ai compagni di viaggio mostrando  il proprio lato senza filtro…
Grazie, un abbraccio forte e buon fiume a voi

Paolo

N.B. – Chi mi conosce in Canottieri San Cristoforo sa che mi piace raccontare usando enfasi ed iperbole, un po’ con lo stile che aveva Gianni Brera sui giornali sportivi all’epoca in cui la TV era in bianco e nero e per cambiare canale bisognava alzarsi dal divano; e poi che sono solito affibbiare nomignoli e soprannomi a tutti: sono solo frutto delle mie suggestioni emozionali, sono solo ed unicamente le mie dimostrazioni di affetto verso i malcapitati….. quindi se ho innervosito qualcuno col mio racconto o con l’attribuzione dei soprannomi me ne scuso fin d’ora, ma questo è il mio stile… che ci volete fare?!?!?

2016, tappa 3, la via dei longobardi, Lunedì 23 maggio, Lodi – Cremona

Ecco l’articolo che trovate anche su greenreport.it al link: http://www.greenreport.it/news/comunicazione/remiveri-inizia-la-via-dei-longobardi-ladda-si-getta-nel-po/

Domenica sera dopo aver conclusa la via del Marmo, trasportiamo su gomma le barche da Milano a Lodi. Ad accoglierci alla Canottieri Adda (prestigioso circolo Lodigiano) c’è il nostro amico Fabio Catufi, consigliere della Canottieri ma soprattutto uno dei membri del Tarantasius. I ragazzi del Tarantasius li avevamo conosciuti l’anno scorso durante la nostra Milano-Venezia; nello stesso periodo loro stavano percorrendo la Lodi-Venezia. Sono un equipaggio di 10 atleti, come noi, remoturisti ma la loro specialità è la dragoanboat. Arriviamo tardi in Canottieri, scarichiamo le barche: è troppo buio per montarle, lo faremo il giorno dopo. Quindi ceniamo al circolo e poi il meritato riposo a conclusione della faticosa via del Marmo.

Lunedì mattina ce la prendiamo un po’ più con calma, tutti noi desideravamo dormire qualche ora di più per riprenderci dalle fatiche del giorno precedente. Purtroppo piove. Con l’aiuto di Fabio montiamo le barche sotto la pioggia che da sottile diventa sempre più fitta. Per arrivare a Cremona sono circa 70 km. A causa del rovescio partiamo tardi, verso le 11.00, quando spiove. Ahimè ciò implica che finiremo anche tardi… molto tardi. Prima di partire Fabio ci regala un gagliardetto della società (peccato che in questo club non si pratichi più canottaggio). Mettiamo le barche in acqua dal molo, dove è legato il dragone dei nostri amici, e via pronti a partire per la nostra seconda idrovia: inizia la via dei Longobardi.

Per noi è la prima volta che navighiamo sull’Adda. Questo fiume è la grande scoperta di quest’anno. Sia rispetto al Po ma anche rispetto al Ticino questo fiume è meno ampio. Ciò permette di sentirsi molto più a contatto con la natura non solo acquatica ma anche con la fauna terrestre. Tutti noi siamo commossi e affascinati a navigarlo. Qua la natura è meravigliosa. Dopo la pioggia l’acqua è smeraldo, trasparente come quella del Ticino e non limacciosa come quella del Po. Il verde del fiume è contenuto da argini bassi in pietra bianca che si riflettono nelle acque. Sull’argine una fitta vegetazione di alberi che la tempesta ha reso di un colore verde argenteo. In mezzo a questo paesaggio un’enormità di uccelli che volano da una parte all’altra del fiume: beccacce, aironi cenerini, cormorani. Appena ci si ferma per bere un sorso d’acqua non è raro che una farfalla ci si posi sopra la barca o su uno di noi. Dopo la paura, lo stress e la fatica mentale di ieri, la bellezza di tutto questo riempie nuovamente i nostri cuori di serenità. Lo splendore di questo incanto ridà vigore ai nostri animi fiacchi.

La navigazione sull’Adda risulta facile: c’è una buona corrente, le piante fanno spesso ombra e la bella vista allevia la fatica. L’unico inconveniente rispetto al Po è che non avendo il fondo sabbioso (ecco perché è più limpido) anche le spiagge, che si trovano sulla via, sono di ciottoli ed è quindi meno facile l’approdo.

Anche oggi abbiamo incontrato due salti d’acqua senza conca e dunque ci siamo dovuti di nuovo inventare qualcosa. Il primo dislivello incontrato è a Pizzighettone. Poco dopo il ponte della ferrovia c’è un salto d’acqua di un metro. Sulla sinistra vi è uno scivolo, che i canoisti spesso usavano, ma i lavori all’argine lo rendono impraticabile da un anno e mezzo. Decidiamo quindi prima del ponte di fermarci sull’argine destro del fiume. Aliamo le barche e le trasportiamo con i carrelli per circa un chilometro sulla sponda desta. Non possiamo mettere prima in acqua le barche poiché su questo lato c’è una centrale elettrica con turbine che risucchiano parecchia acqua. Terminato il nostro percorso lungo l’argine inizia a piovere, attraversiamo un campo di là dal quale vi è una discesa con facile accesso all’acqua. Mangiamo un panino e ripartiamo sotto una pioggerellina. Per 12 km, gocciola e smette in continuazione. Giunti in prossimità di Castiglione-Bocca d’Adda, dove vi è l’ultimo salto dell’Adda prima di entrare in Po, la pioggia aumenta. Per affrontare il salto d’acqua è stato predisposto uno scivolo con dei rulli.

Il passaggio non è agevole per le nostre barche per diversi motivi. In primis perché sono lunghe, in secondo luogo perché sono in vetroresina e non possono prendere botte, ed infine perché piove e la massicciata su cui è stato montato lo scivolo diventa sdrucciolevole. Affrontiamo questo passaggio tardi, sono ormai le 17.30. Tutti noi siamo stanche e infreddoliti. Alcuni di noi sono anche costretti a scendere in acqua e bagnarsi fin sopra la vita per condurre e direzionare le barche dall’acqua. Avendo fatto prima della discesa un sopralluogo ci eravamo però preparati ad affrontare questi problemi studiando una manovra per trasportare una alla volta le barche dall’altra parte e portandoci dei materassini morbidi da mettere tra i rulli e la barca in modo che questa non sbattano la chiglia sulla parte metallica dello scivolo. Ma per la pioggia non possiamo farci nulla. Proprio nulla. L’operazione è lunga e fiacca il morale di molti. Una volta conclusa la pioggia aumenta ancora. Dobbiamo raggiungere Cremona: manca poco ma la fatica sulle spalle dei giorni precedenti si fa sentire.

Risaliamo subito in barca, bagnati intorpiditi e stanchi iniziamo a vogare. Dopo un chilometro, l’Adda si getta nel Po. Finalmente il Grande Fiume. Il compagno del nostro scorso viaggio ci accoglie di nuovo tra le sue anse. Remiamo ancora, quest’ultima mezzora è durissima. Ma finalmente arriviamo a Cremona. Sono ormai le 7 di sera. Ad accoglierci come l’anno scorso c’è Armando Catullo, l’uomo del Po. Ci aiuta a sistemare le barche, ci porta in canottieri per una doccia e come l’anno scorso ci mette a disposizione la sua casetta galleggiante: il Bodingo. Tutti noi non vedevamo l’ora di dormire di nuovo in quel posto, cullati dalla corrente del fiume.

Concluse tutte queste operazioni, la pioggia cessa. E in quel piccolo angolo di paradiso il sole inizia a tramontare tra le nuvole che da grigie diventano oro. Quel tramonto ci ha donato tanto. Ci ha mostrato che è valsa la pena la fatica di oggi. A me però piace pensare che forse sia semplicemente la maniera con cui il Grande Fiume ha voluto dirci “grazie di essere tornati ancora una volta a trovarmi”.

Giacomo

2016, tappe 1 e 2, sabato 21 e domenica 22 maggio, la via del marmo, racconto del viaggio

Grazie a greenreport che ci pubblica questo bel resoconto del nostro giacomo:

http://www.greenreport.it/news/comunicazione/remiveri-diario-della-tappa-dal-lago-alla-sorgente-dei-navigli-milano/
Venerdì sera raggiungere la Pallanza. Uno dei nostri obiettivi di quest’anno è riscoprire l’idrovia percorsa dai barconi che portavano il marmo rosa da Candoglia a Milano per costruire il Duomo. In una parola Auf!

Poiché il Toce, un immissario del Lago Maggiore che passa per Candoglia, non è più navigabile, partiremo da Pallanza. Andrea e Mauro, insieme a tutti i ragazzi della Canottieri Pallanza, ci aspettano per iniziare la festa. Questa sera, infatti, prima di partire per la nostra avventura, festeggiamo i 120 anni dalla fondazione della canottieri. I ragazzi si dimostrano subito gentilissimi, ci danno una mano a scaricare le barche e a montare gli scalmi. Poco dopo inizia la musica e su lunghe tavolate sistemate sull’argine davanti al pontile della canottieri iniziamo la festa. Ceniamo a un passo dall’acqua con una serata bellissima incorniciata da un tramonto senza nuvole tra le montagne gialle e azzurre  del lago maggiore.

Il giorno dopo ci alziamo presto. Alle 8.30 siamo in barca.  Lago piatto, giornata senza nuvole.

Condizioni ideali per remare. Partiamo insieme a una barca della Canottieri Pallanza che ha deciso di accompagnarsi per il primo tratto di lago. Zigzaghiamo attraverso le isole Borromee e dopo poco meno di 30 km concludiamo l’attraversamento del lago preparandoci all’imbocco del Ticino. Passata Sesto Calende, poco dopo ci aspetta la prima chiusa a Miorina. Purtroppo per un disguido non riusciamo a passare la chiusa: la conca è di competenza dell’Aipo (Agenzia interregionale fiume Po) mentre noi avevamo chiesto autorizzazione al Consorzio Est-Ticino Villorersi, ente che gestisce le successive chiuse all’interno del Parco del Ticino e tutte le acque che da questo fiume confluiscono a Milano per poi tornare in Ticino a Pavia.

Arrivati a Miorina, località Golasecca, la conca non si può aprire. Ci dobbiamo fermare. Bloccati a causa della burocrazia. Per fortuna abbiamo con noi i carrelli per le barche progettati l’anno scorro. In mezzora li montiamo e carichiamo le barche, iniziandole a portare lungo la ciclabile. A spingere le barche a mano siamo molto lenti: poco più di 2 km ogni 40 minuti. Per fortuna, su una spiaggetta, riusciamo a rimettere le barche in acqua congelandoci i piedi nei freddi flutti ticinesi.

Arriviamo poi alla centrale idroelettrica di Porto della Torre. Qua si trova un salto d’acqua di più di 1 metro, ma non è ancora stato realizzato un sistema di conche. Come prima cosa, siamo dunque costretti a tirare fuori le barche dall’acqua. Una volta alzate e issate nuovamente sui carrelli all’arrembaggio attraversiamo la statale che passa il ponte sovrastante la centrale elettrica. Subito dopo rimettiamo le barche in acqua: ancora qualche kilometro e arriviamo a Panperduto. L’alta dirigenza del Consorzio Villoresi ci attende! Incontriamo il presidente Alessandro Folli che ci racconta i suoi sogni di una nuova navigabilità fluviale. Sono certo che diventerà subito un nostro amico. Per il pernottamento ci fermiamo all’ostello di Panperuduto dentro il Parco del Ticino. Un posto da sogno in mezzo alla natura. Panperduto ideologicamente è come la sorgente dei Navigli, che in questo posto si staccano dal fiume Ticino. Da qui inoltre nascono le acque irrigue del Canal Villoresi che bagna la campagna a nord di Milano, passando fino all’area a Expo e poi Monza. Di nuovo ci accolgono con grande ospitalità. Dopo una cena da campioni e una serata a vedere la diga illuminata ci corichiamo: il prossimo giorno ci aspetta una giornata impegnativa.

tappa 1, da Pallanza a Panperduto, Sabato 21 Maggio

tappa 2, da Panperduto alla darsena di Milano, Domenica 22 Maggio

2016 – radio interviste prepartenza e quotidiane a Leo e Clara su Radio Lombardia

eccovi l’intervista che i nostri media partner di Radio Lombardia hanno fatto ai nostri Leo e Clara, prima e durante il viaggio

Pre – partenza, 12 Maggio alle 11:50 – Leo

ascoltatela:

Tappa 2 – 23 Maggio 2016 – Leo

Tappa 3 – 24 Maggio 2016 – Leo

Tappa 4 – 25 Maggio 2016 – Leo

Tappa 5 – 26 Maggio 2016 – Clara

Tappa 6 – 25 Maggio 2016 – Clara